In Egitto l’avvocato Ahmed Mehran, per far fronte all’aumento dei divorzi, ha proposto il ricorso a contratti civili allegati al contratto di matrimonio, al fine di obbligare i coniugi a non separarsi per un periodo massimo di 3-5 anni, dopo i quali i coniugi possono decidere se proseguire col matrimonio oppure lasciarsi per l’impossibilità della convivenza.

In pratica ha proposto il cosiddetto “matrimonio sperimentale a tempo”.

L’Università al Azhar, la massima autorità dell’Islam sunnita, considera l’iniziativa “un’offesa della donna”. Ha detto che “Il matrimonio è un patto solido che non può essere manomesso. Pensare al contratto matrimoniale a scadenza è una condizione nulla e vietata dall’Islam”.

Queste dichiarazioni fanno un po’ ridere. Lo sanno tutti che in Egitto non ci si sposa per la maggior parte delle volte per amore ma per interesse. Infatti la donna, in una società conservativa come quella, è più che altro destinata a sposarsi con un uomo che conoscerà qualche giorno prima del fidanzamento. Se già lo conosce è perché si tratta di un cugino o un vicino di casa. Questo perché non è ben visto che due persone si conoscano fuori di casa senza che il futuro marito non passi prima a chiedere il permesso ai parenti di lei.

Di solito l’uomo ricorre alla madre sia per cercarsi una sposa sia per chiedere la mano a qualche ragazza specifica che lui ha visto, altrimenti si ricorre alle sensali.

Quando avviene il primo incontro e lei, davanti al proprio padre, accetta, si stipula un primo contratto ufficiale dove vengono decise la dote e le spese per casa, mobili, festa nuziale ecc. I fidanzati si possono conoscere anche tramite fotografia o per sentito dire.

Quindi la proposta suddetta viene più incontro agli uomini che alle donne, che possono sì rifiutare il fidanzamento e il matrimonio, ma il più delle volte non si oppongono alla volontà del padre, anche perché praticamente passano da una tutela patriarcale a un’altra. Non a caso, una volta sposate, di solito vanno ad abitare presso la famiglia dello sposo, nella stessa casa o nello stesso edificio. Le donne possono divorziare senza il consenso dell’uomo solo a partire dal 2000 e devono comunque rinunciare ai propri diritti patrimoniali, cioè di regola la dote ricevuta al momento del matrimonio. Questo perché nel mondo islamico tradizionale il contratto di matrimonio viene cancellato definitivamente solo dopo che la donna restituisce al marito quanto questi aveva dato per ottenere i suoi diritti coniugali. E solo dal 2004 è stato previsto in Egitto un fondo di assicurazione familiare, chiamato Banca Nasser, per il mantenimento della donna e dei figli in caso di divorzio. La custodia dei figli viene concessa alla donna divorziata solo fino all’età di 15 anni.

C’è da dire inoltre che per la donna l’età è molto importante: si sposano in fretta perché hanno paura di rimanere nubili e di essere derise. In molti ambienti a 23-24 anni non essere sposate è una vergogna: molti pensano che abbiano dei difetti.

Infine per una donna è meglio essere vedova che divorziata: la donna che divorzia deve risposarsi il più presto possibile, e di solito gli uomini che accettano di sposare una divorziata sono o vecchi o poligami.

Attualmente lo stato dei diritti femminili in Egitto è molto povero: con la presenza di mutilazioni genitali femminili, delitti d’onore, matrimoni forzati e molestie sessuali, nel 2013 il Paese è stato classificato come il peggiore nel mondo arabo per quanto riguarda la condizione delle donne.

Di recente ha fatto scalpore la vicenda dell’attrice Rania Youssef che nel 2018 è stata citata in giudizio da due avvocati egiziani a causa di un vestito nero semi-trasparente indossato durante l’International Film Festival del Cairo. Per non rischiare 5 anni di carcere, ha dovuto scusarsi pubblicamente.

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