Più di cento artisti, tra cui Sting, Elton John, Bob Geldof, Brian May dei Queen, Robert Plant dei Led Zeppelin, Peter Gabriel, Liam Gallagher ed Ed Sheeran, hanno accusato il governo britannico di aver reso la vita impossibile ai musicisti e agli artisti in generale che si esibiscono in tour in Europa, soprattutto ai giovani emergenti, che stanno già lottando per restare a galla a causa del divieto di musica dal vivo dovuto alla pandemia di Covid-19. Chiedono un visto speciale per una libera circolazione, altrimenti molti dovranno rinunciare a suonare in Europa.

Infatti Londra e Bruxelles non sono riuscite a raggiungere un accordo specifico per il settore. Gli artisti inglesi in un tour musicale europeo sono costretti a costosi permessi di lavoro e a una montagna di documenti per la loro attrezzatura: i costi extra renderanno impraticabili molti tour.

In particolare gli artisti e il personale tecnico hanno ora bisogno di visti separati per ogni Paese in cui vorranno fare il tour, nonché di permessi di 350 sterline per strumenti musicali e altre attrezzature. Gli autotrasportatori che trasportano attrezzature di scena potranno andare solo in tre città. In questo modo i costi saliranno e l’organizzazione sarà molto più difficile.

L’Unione dei musicisti ha chiesto la creazione di un “passaporto dei musicisti” che duri almeno due anni, dai costi ridotti o nulli, che comprenda tutti gli Stati membri della UE e che possa essere usato anche dai membri dello staff degli artisti, dai tecnici e da tutto il personale necessario per portare a termine un tour.

Secondo quanto rivelato dall’“Independent” e sostenuto anche da funzionari comunitari, sarebbe stato il Regno Unito a rigettare l’offerta europea che prevedeva la possibilità per gli artisti per 90 giorni non solo di girare per tutta Europa, ma anche di non dover richiedere permessi speciali per contratti di lavoro legati al tour.

Ecco un altro bel risultato della Brexit! In questi giorni infatti si sta parlando delle imprese di pesca britanniche, che hanno subito ritardi alla frontiera nell’attività di esportazione di prodotti freschi, a causa dell’applicazione di più rigide regole sull’importazione in Europa, tanto da costringere alla distruzione di alcune spedizioni perché non più fresche.

Le imprese scozzesi hanno già organizzato una protesta per il modo in cui la Brexit ha gravemente interrotto le loro esportazioni di prodotti ittici, guidando più di 20 camion attraverso il centro di Londra con lo slogan: “Governo incompetente distrugge l’industria dei molluschi!”

I ritardi alle dogane, la carenza di personale addetto al controllo di igiene ambientale del Regno Unito e l’applicazione estremamente rigorosa delle nuove regole d’importazione della UE, di fronte a cui il personale britannico si è dimostrato del tutto impreparato: ecco, la burocrazia sta uccidendo l’economia della Gran Bretagna.

La pratica precedente consentiva di inviare pesce nella UE in casse di plastica aperte. Ora, però, questo sistema è stato respinto dalle autorità comunitarie, le quali richiedono che i prodotti dei cosiddetti Paesi terzi siano collocati in scatole di polistirolo sigillate, il che naturalmente ha un costo aggiuntivo. Si fa strada la proposta di un sostegno alle imprese colpite per almeno 23 milioni di sterline.

Commerciare con l’Europa diventa un problema enorme. Cosa credevano gli inglesi, che li avremmo favoriti solo perché appartengono geograficamente al continente?

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