In Spagna è successo il finimondo perché il governo di Madrid ha condannato un rapper, Pablo Hasél, a nove mesi di carcere per aver elogiato il terrorismo dell’Eta e del Grapo (Grupos de Resistencia Antifascista Primero de Octubre) e oltraggiato la monarchia con le sue canzoni (ha anche accusato la polizia di praticare violenze e torture ai danni dei migranti). Per evitare l’arresto si era barricato con 50 tra fan, amici e collaboratori all’Università di Lleida, in Catalogna, ma non c’è stato niente da fare. Peraltro se non fosse stato arrestato, avrebbe potuto incorrere in un altro crimine peggiore, che è la disobbedienza all’autorità. Aveva già precedenti in merito negli anni 2014 e 2018.

Molti sono scesi in piazza convinti di dover difendere la libertà di espressione, perché pensano che un qualunque testo scritto non può comportare il carcere, almeno non finché restano soltanto delle parole. Pedro Almodóvar, Javier Bardem, Emma Suárez e altri 200 artisti spagnoli e internazionali han firmato un appello a suo favore.

Amnesty International ricorda che il caso Hasél è solo l’ultimo di una serie riguardante artisti che sono finiti nei guai con la giustizia in base a una legge per la Pubblica sicurezza del 2015. In effetti, nonostante le pronunce della Corte costituzionale e della Corte europea, vi sono state molte sentenze sui “crimini di discorso incendiario”. Esteban Beltrán, direttore di Amnesty International Spagna, ha detto che “le espressioni che non incitano chiaramente e direttamente alla violenza non possono essere criminalizzate. È ingiusto e sproporzionato che Pablo Hasél vada in prigione”.

L’esecutivo ora punta a una revisione del codice penale, prevedendo sanzioni diverse dalla detenzione e solo per azioni che incitino esplicitamente alla violenza. Se approvata, la modifica potrebbe avere un effetto retroattivo sul caso Hasél.

Che dire? Le istituzioni spagnole evidentemente han paura anche della loro ombra. D’altra parte dopo 40 anni di feroce dittatura franchista si può anche capire. In Italia dovrebbero mettere in galera i 3/4 della popolazione, anche solo per il fatto che con centinaia di barzellette si prendono in giro i carabinieri. Non c’è politico che non venga sbeffeggiato da qualcuno. I personaggi pubblici se l’aspettano d’esser presi di mira, anche se non per questo restano indifferenti alle affermazioni che possono gravemente ledere la loro reputazione.

Sappiamo benissimo che la destra è più permalosa della sinistra, tant’è che ai tempi dei governi Berlusconi eliminarono dalla scena pubblica vari conduttori televisivi, giornalisti, comici… Ma poi questa repressione, condotta peraltro da persone che avevano negli armadi ben altri scheletri, fu penalizzata sul piano elettorale. Oggi la destra di Salvini e Meloni pare abbia capito la lezione.

Resta il fatto però che non si ha diritto a offendere nessuno. Per es. è stato giusto che il rettore dell’Ateneo di Siena abbia chiesto al Collegio di disciplina di sospendere in via cautelativa per tre mesi dall’attività didattica, senza stipendio, quel docente (figlio del famoso Mario Gozzini e di una teologa) che ha offeso pesantemente la Meloni. E può darsi che il Collegio commini una sanzione anche peggiore. In effetti, come può un docente “insegnare” quando si abbassa a questi livelli? Quali valori è in grado di trasmettere?

In una democrazia matura persino chi insulta si squalifica da solo. Quando lo fa Sgarbi, si ride solo perché sembra uscito da un manicomio, ma un conduttore televisivo normale, non interessato all’audience, dovrebbe evitare di chiamarlo. Quando, tramite un fuori onda di “Striscia la Notizia”, si scoprì che Insinna aveva insultato pesantemente una concorrente, ci si aspettò una sua espulsione dalla Rai, che però non avvenne. Se ci pensiamo la giornalista Alda D’Eusanio è stata trattata molto peggio dalla Rai per molto meno.

Ma, a parte tutto questo, qual è il vero problema? Il problema è che quando si critica qualcuno, bisognerebbe farlo sulle idee non sulla persona; e quando invece si criticano le azioni di una persona, bisognerebbe attenersi ai fatti, a ciò che può essere dimostrato concretamente. Se non siamo capaci di questo, dovremmo chiederci quanto sia efficace la democrazia che viviamo.

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