Le riforme avviate nel 1976 da Deng Xiaoping hanno dato vita alla Cina moderna. Un paese comunista può usare un’economia di mercato socialista, in gran parte capitalistica, per svilupparsi. Non è importante di che colore sia il gatto ma che mangi i topi.

Questo trend è stato confermato sotto le presidenze di Jiang Zemin dal 1993 al 2002 e di Hu Jintao dal 2002 al 2012. L’arrivo di Xi Jinping nel 2012 come capo del Pcc ha segnato l’inizio della politica di affermazione cinese. Il vero problema da risolvere non è quello di come democratizzarsi ma quello di come farsi valere a livello mondiale. Tant’è che la Costituzione del 2018 ha tolto il limite dei due mandati presidenziali, spianando a Xi Jinping la strada per restare al potere potenzialmente anche a vita.

Il perseguimento dell’egemonia globale posta in essere dalla Cina diventa possibile anche grazie al controllo continuo esercitato dal Pcc nei confronti delle aziende private. In particolare il controllo delle aziende digitali consente al partito di esercitare un controllo totalitario anche nei confronti della stessa società civile.

L’azienda Xiaomi, che prima del 2010 neanche esisteva, è uno degli strumenti preferiti dal partito. Nel 2018 il Ceo di Xiaomi, Lei Jun, è stato indicato come uno dei 100 imprenditori privati cinesi più eccezionali degli ultimi 40 anni di riforme in senso liberistico. È uno degli uomini più ricchi del mondo, descritto a lungo come lo “Steve Jobs cinese”, a capo di una delle più grandi aziende digitali del mondo. È in realtà un uomo del partito, o comunque uno che non metterebbe mai in discussione le scelte del Pcc. Come invece di tanto in tanto fanno altri due colossi cinesi, Alibaba e Tencent, che di recente han ricevuto una multa di 500mila yuan (70mila euro): multe ridicole, ma il loro scopo simbolico è quello di far capire chi comanda in Cina.

Dalla creazione di Xiaomi il fondatore Lei Jun aveva sviluppato il modello di business del “triathlon”, integrando software, hardware e servizi internet, con l’intento di avere un effetto dirompente sul mercato.

Assumendo persone competenti dalle migliori aziende, Xiaomi si è data la possibilità di sviluppare smartphone di alta qualità a bassi costi di produzione, vendendoli a prezzi molto competitivi.

Oggi non solo è al terzo posto al mondo in termini di vendite di telefoni (il primo in India), ma detiene anche il primo posto in molti mercati di oggetti connessi, p.es. gli smartwatch.

Questa connessione tra Xiaomi e lo Stato cinese è stata confermata dai molteplici backdoor scoperti nei suoi smartphone nel corso degli anni. Nel 2014 è stato rivelato che i telefoni Redmi stavano inviando foto e messaggi al China Internet Network Information Center, un’agenzia governativa cinese. Nel 2019 un probabile difetto intenzionale è stato identificato solo nei telefoni destinati al mercato internazionale (e non cinese). Più recentemente è stato riferito che il browser mobile Xiaomi trasferisce i dati degli utenti privati a un server Alibaba affittato dal gruppo.

Bisogna far attenzione a queste cose, perché quando si parla di 5G o di intelligenza artificiale, la Cina non è soltanto intenzionata a superare gli Stati Uniti, ma anche ad attuare un capillare sistema di controllo sociale.

Giorgio Galli e Mario Caligiuri nel saggio Il potere che sta conquistando il mondo. Le multinazionali dei paesi senza democrazia (ed. Rubbettino 2020), hanno scritto che a partire dal 2014 il Dragone sta ponendo in essere il progetto di un sistema di credito sociale allo scopo di valutare l’affidabilità dei suoi cittadini attraverso un’accurata misurazione. Il punteggio che viene attribuito ai cittadini è analogo a quello che viene utilizzato per valutare i servizi e i prodotti nel mercato digitale. Attraverso questo sistema il governo consente o meno la possibilità di accedere a un prestito bancario, di poter svolgere un determinato lavoro, di usufruire di check-in più veloci negli aeroporti, di affittare più facilmente un auto a noleggio, di ottenere una corsia preferenziale per andare all’estero, ecc.

Questo sistema di natura reputazionale è in grado di basarsi sulle immagini catturate dai dispositivi di video sorveglianza, sui commenti nei social network, sui prodotti che vengono acquistati online e persino sui giudizi dei vicini di casa.

Questo sistema di controllo così pervasivo ha particolarmente bisogno di industrie statali: p.es. la società finanziaria China Rapid Finance o il Sesame Credit sviluppato dalla Ant Financial Service Group, stabiliscono chi sia autorizzato ad avere dei prestiti. Possono agevolmente servirsi dei dati prodotti dagli utenti che utilizzano p. es. Alibaba.

Il Sesame Credit, per profilare un cliente, utilizza diversi criteri provenienti da molteplici fonti, affinché un cittadino sia considerato affidabile. Bisogna sapere tutto sulla sua storia finanziaria, se sia in grado di adempiere agli obblighi contrattuali, quali preferenze ha negli acquisti, quali persone frequenta, quali scelte politiche compie, quali giudizi formula nei social. E tutto questo comporta un punteggio.

Un’altra condizione, sotto il profilo tecnologico, indispensabile per attuare questo sistema di sorveglianza, è che il cittadino viva in una smart city nella quale l’esistenza di un sistema di monitoraggio continuo – grazie all’uso dell’intelligenza artificiale – consente di riconoscere i cittadini, di leggere le targhe, di attuare il riconoscimento facciale, quello numerico e di geolocalizzarlo. La società che si occupa di produrre telecamere è la Hikvision, che grazie alla sinergia con Huawei è in grado di rendere questo sistema di videosorveglianza efficace. Non è un caso che proprio Huawei abbia sviluppato il 5G: infatti questo tipo di connessione migliora in modo rilevante l’efficienza della video sorveglianza e quindi del controllo sociale.

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