Matteo Salvini dice che col ddl Zan si finisce con l’insegnare ai bambini che siamo “fluidi”, cioè che non esistono maschietti e femminucce.

Ebbene, se c’è una cosa che ai bambini bisogna insegnare in società maschiliste come le nostre è di fare attenzione a come si parla. Usare espressioni come “maschietto e femminuccia” indica già una discriminazione di genere. Se a un maschio si dice che non deve fare la femminuccia, lo si induce a credere che la sua identità di genere sia basata sulla forza, la violenza, la sopraffazione. I tanti femminicidi che avvengono in Italia dipendono anche dal fatto che la donna viene considerata un oggetto che l’uomo può possedere o disfarsi a proprio piacimento.

Salvini confonde completamente le questioni sessuali da quelle culturali. È proprio sul piano culturale che dobbiamo imparare a considerarci “fluidi”, cioè intercambiabili nei ruoli. Le differenze che la natura impone a fini riproduttivi non vanno colte come un pretesto per rimarcarle anche sul piano culturale. Anche perché nelle società maschiliste il passaggio dal piano culturale a quello sociale può essere anche molto veloce: le donne facilmente si trovano a essere discriminate sul lavoro o nella politica o nella gestione di un qualunque ruolo di responsabilità.

La fluidità sul piano sessuale è un’altra cosa, è un atteggiamento che può prendere un adulto. Non è cosa che può essere insegnata a dei bambini sessualmente immaturi. Al massimo si può far capire che nessun orientamento sessuale può essere colpevolizzato. Devono imparare da subito che qualunque etichetta è sbagliata perché fossilizza. Così da adulti non avranno bisogno di fare dell’atteggiamento nei confronti della sessualità una questione politica.

Se in uno Stato laico l’atteggiamento nei confronti della religione dovrebbe essere lasciato alla libertà di coscienza di ogni cittadino, senza forzature che lo obblighino a fare questa o quella scelta, non si capisce perché tale libertà non debba valere anche sul piano sessuale. Il problema è che Salvini, che fa politica col rosario in mano, che affida il Paese al cuore immacolato di Maria, che bacia il crocifisso in piazza Duomo, che si autodefinisce “l’ultimo dei buoni cristiani”, non ha la più pallida idea di cosa voglia dire “laicità”.

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