Il frequente sequenziamento genomico del Covid-19, che in passato non era mai stato fatto su scala così vasta, ci ha consentito di tracciare e mappare l’evoluzione del virus in tempo reale, seguendone adattamenti e mutazioni.

Attualmente la variante più pericolosa a livello mondiale è la Delta, ma ce ne sono altre che infestano il pianeta e ci obbligano a prendere tutte le precauzioni possibili: Eta, Iota, Kappa e Lambda, le cosiddette “varianti d’interesse”, e Alfa, Beta, Gamma e Delta, dette “varianti di preoccupazione”.

Gli scienziati ritengono che l’indiana Delta sia almeno il 50% più contagiosa dell’inglese Alfa, a sua volta più contagiosa del ceppo originario di circa il 50% circa. In particolare la Delta, poiché può colpire, seppure in maniera ridotta, anche i vaccinati, ci ha fatto capire che dobbiamo rinunciare all’immunità di gregge.

Speriamo non si debba usare tutto l’alfabeto greco per dare un nome a tutte le possibili varianti. Nell’ultimo anno e mezzo, il Covid-19 si è fatto strada in circa 200 milioni di persone, e non è ancora sazio. Infatti nel gennaio 2021 è comparsa una nuova variante (d’interesse) in Colombia, meno forte della Delta, ma già diffusa in 39 Paesi: l’han chiamata Mu, di cui abbiamo già avuto 34 casi in Svizzera.

Al momento i vaccini ci proteggono abbastanza bene contro l’infezione sintomatica e contro la malattia grave provocata da tutte le varianti del virus fin qui individuate. Ma la guerra non è ancora vinta. E se si continua a dire che si tratta di un semplice raffreddore o al massimo di una polmonite o che colpisce solo gli anziani o che i vaccini non servono a niente o che è una macchinazione dei governi e altre amenità del genere, sicuramente ne usciremo sconfitti, anche se è assodato che i genomi virali non sono infinitamente mutevoli.

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