La commissaria UE all’Energia, Kadri Simson, ha proposto di estendere il ciclo di vita degli impianti nucleari già esistenti in modo da mantenere l’attuale livello di produzione energetica per altri tre decenni. In pratica si vuole includere il nucleare tra le fonti “verdi” nella tassonomia della UE, il che garantirebbe al settore d’intercettare i maxi investimenti del Green deal europeo.

Ma perché siamo arrivati a questa assurdità? Perché c’è un’emergenza climatica, per la quale sono necessari grandi quantitativi di elettricità a bassa intensità di carbonio da affiancare all’energia prodotta tramite le rinnovabili. Ma in attesa che le fonti rinnovabili ci soddisfino al 100%, è letteralmente impossibile rinunciare al fossile se non passiamo al nucleare. Quindi prolunghiamo la vita alle centrali a fissione (potenzialmente molto pericolose) e costruiamo quelle a fusione di ultima generazione, che in teoria dovrebbero essere più sicure.

In particolare la Simson avrebbe detto: “Oggi l’età media del parco nucleare nella UE supera i 30 anni. Senza investimenti immediati, circa il 90% dei reattori esistenti verrà spento proprio nel momento in cui serviranno di più: nel 2030. Prolungare in sicurezza il loro ciclo di vita richiede tra 45-50 miliardi di euro. Ma vi sono anche Stati membri che per mantenere la stessa capacità di generazione di energia nucleare di oggi stanno progettando investimenti per circa 400 miliardi in nuove strutture da installare entro il 2050”.

In pratica ci siamo infilati in un cul de sac. Abbiamo voluto vivere un benessere a oltranza. Per farlo abbiamo bisogno di tantissima energia. Questa energia ha quasi distrutto il pianeta. Noi non vogliamo rinunciare al nostro benessere, per cui cercheremo di garantirlo con un’energia differente, che secondo noi procurerà meno danni all’ambiente. Questo in attesa di poter usare solo energia rinnovabile. D’altra parte non possiamo fare a meno neppure del gas naturale, e non possiamo neppure affidarci a fonti rinnovabili che dipendono troppo dal tempo atmosferico.

Insomma ce la suoniamo e ce la cantiamo. Come se non sapessimo che anche il nucleare produce CO2 in tutte le sue fasi, dall’estrazione dell’uranio al trasporto, fino alla lavorazione, passando per la costruzione (e la demolizione) delle centrali, senza considerare le emissioni legate allo stoccaggio delle scorie radioattive, che richiedono protocolli di alta sicurezza. Fingiamo inoltre di non sapere che, in casi di gravi incidenti, gli effetti sull’ambiente sono molto più gravi di quelli provocati dagli idrocarburi.

Noi preferiamo far leva sul fatto che il valore delle emissioni generate dal nucleare è oltre il triplo del fotovoltaico, circa 13 volte in più delle centrali eoliche e quasi 30 volte tanto gli impianti idroelettrici. La Francia (tra i massimi produttori mondiali di questa energia) sa benissimo queste cose. Entro il 2035 dovrebbe chiudere 14 reattori per ridurre la percentuale di nucleare al 50% del mix energetico. Ma non lo farà. Al momento sta solo lavorando alla creazione di un grande centro di stoccaggio sotto i campi di grano vicino a Bure, piccolo villaggio rurale nel nord-est del Paese. Il deposito sarebbe collocato a circa 500 metri sotto la superficie, e conterrebbe circa 85.000 tonnellate dei rifiuti a maggiore radioattività prodotti dall’inizio dell’era nucleare fino alla fine degli impianti nucleari esistenti. Costo dell’operazione: 25 miliardi di euro.

Ma la cosa più ridicola è che le centrali nucleari sono circa quattro volte più costose degli impianti eolici o solari, e richiedono il quintuplo del tempo per essere costruite. Considerando tutto, si tratta di un investimento che inizierà a essere operativo in 15-20 anni, mentre il mondo ha bisogno che si riducano drasticamente i gas serra nel prossimo decennio.

Print Friendly, PDF & Email