È dalla fine di novembre che nel sito vociglobali.it stanno dicendo che i turchi usano armi chimiche contro i kurdi nella loro regione in Irak, ma nessuno ci fa caso. Eppure l’han fatto più di 300 volte!

Gli effetti dei gas nei tanti ricoverati non lasciano dubbi: “lacrimazione eccessiva degli occhi, visione offuscata, mal di testa improvviso, sangue dal naso, difficoltà respiratorie ed eruzioni cutanee”.

Il governo turco si rifiuta d’indagare. E siccome anche la UE è ostile al PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan), in quanto lo considera terroristico, nessuno ha intenzione di far nulla.

Giova però ricordare che l’uso di armi chimiche è vietato dal Protocollo di Ginevra sin dal 1925. La Convenzione sulla proibizione delle armi chimiche, entrata in vigore nel 1997, è stata firmata anche dalla Turchia. Chi non lo fa, dovrebbe sottostare a ispezioni in qualsiasi momento.

Quando il regime siriano è stato accusato d’aver usato armi chimiche durante gli attacchi dei terroristi iniziati alla fine del 2012, la notizia fece il giro del mondo e persino l’ONU si attivò con proprie indagini. Anzi, nonostante lo smantellamento si è continuato a bombardare la Siria, tanto che se non ci fosse stata la Russia, i fondamentalisti islamici a quest’ora avrebbero vinto.

Le accuse contro la Turchia, invece, non hanno ottenuto alcuna risposta internazionale (e le armi chimiche contro i kurdi vengono usate sin dalla fine degli anni ’80!). Ma chi può toccare un Paese NATO? Chi ha voglia di dir qualcosa a un Paese che si sta accollando (peraltro a spese nostre) gran parte dei profughi provenienti da Afghanistan, Siria, Somalia, Bangladesh e Pakistan?

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