Il papa sull’eutanasia è ideologico
Di recente il papa ha ribadito un secco no all’eutanasia e all’accanimento terapeutico. Cioè ha detto che si possono accettare le cure palliative che accompagnano alla morte, ma non si può provocarla o aiutare qualsiasi forma di suicidio. Il diritto alla morte non può esistere.
Sembra che non capisca che quando uno si trova impossibilitato a esercitare la propria volontà e tenuto in vita solo dalle macchine, la vita non può più essere considerata dignitosa. Sostanzialmente è già morto. Essere vivi non significa semplicemente respirare o tenere gli occhi aperti e non poter fare altro. Si può convincere il malato a restare in quella condizione subumana giusto il tempo per produrre un libro sotto dettatura o usando una particolare scrittura digitale. Può anche rilasciare interviste per raccontare la sua esperienza di sofferente inguaribile. Ricordiamo tutti l’esperienza di Rossana Benzi, che passò 29 anni in un polmone d’acciaio.
Tuttavia o lo si guarisce con un miracolo, se la medicina non è capace di farlo, oppure ad un certo punto va lasciato libero di decidere e, se non può farlo per motivi oggettivi, altri lo devono fare al suo posto, che abbia o no espresso una volontà nel suo testamento biologico. Questa è “umanità”, sic et simpliciter. Non ha senso affermare che la vita è un diritto se questo diritto non può essere esercitato in maniera conforme alla propria natura umana. Non vogliamo più sentire in parlamento uno come Quagliariello urlare che per aver staccato la spina alla Eluana Englaro dopo 17 anni di coma profondo, si è era compiuto un omicidio. Non possiamo permettere alla scienza di schiavizzarci, di obbligarci a vivere o, peggio, di fare esperimenti su di noi contro la nostra volontà. La spina va staccata, non bastano le cure palliative che ci intontiscono.
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