Dopo Argentina e Iran, ora anche Indonesia (strategica per le rotte mercantili) e Arabia Saudita (storico “serbatoio” petrolifero degli USA) chiedono l’ingresso nei BRICS (Cina, Russia, India, Brasile e Sudafrica). Come noto l’Iran ha bisogno di superare il suo isolamento internazionale, mentre l’Argentina ha privilegiato i suoi rapporti commerciali con la Cina.

Starebbero per passare nell’area BRICS anche una potenza mediorientale come l’Egitto e persino l’Algeria, storicamente nell’orbita occidentale tramite la Francia.

Altri Paesi ci stanno seriamente pensando: Kazakhistan, Senegal, Cambogia, Etiopia, Fiji, Malesia e Thailandia.

Tutti si vogliono opporre al polo “globalista” occidentale interpretato da OMS, FMI, Banca Mondiale e Banca dei Regolamenti Internazionali. Da parte americana non vi è solo il tentativo di eliminare militarmente la Russia attraverso l’uso strumentale dell’Ucraina, ma vi sono anche gli sforzi di promozione di iniziative regionali volte al contenimento della Cina, quali il Quadrilateral Security Dialogue (QUAD), l’AUKUS (con Regno Unito e Australia) e l’Indo-Pacific Economic Framework (IPEF).

Ma se grandi Paesi emergenti entrano nel BRICS Plus, per la globalizzazione è la fine.

Per certi versi è già così. I Paesi occidentali, in cui vive solo il 10% della popolazione del pianeta, controllano circa il 30% del PIL mondiale. Sono tra i Paesi più indebitati al mondo e le loro monete (dollaro ed euro) non rispecchiano i valori effettivi delle economie occidentali. Sta succedendo qualcosa di epocale. La nostra stessa Unione Europea, per come è messa, non ha più senso: è solo una longa manus degli USA e un ostaggio della NATO.

Ad agosto Russia, Iran e Cina condurranno esercitazioni militari congiunte in Venezuela. Non era mai accaduto.

Print Friendly, PDF & Email