Art. di quest’anno pubblicato dall’ONU e poi cancellato, ma conservato nella cache di Google.

Di George Kent, professore presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università delle Hawaii. Si occupa di diritti umani, relazioni internazionali, pace, sviluppo e questioni ambientali, con particolare attenzione alla nutrizione e ai bambini.

Si noti il cinismo con cui affronta la questione della fame nel mondo.

La fame ha un grande valore positivo per molte persone. In effetti è fondamentale per il funzionamento dell’economia mondiale. Le persone affamate sono le persone più produttive, soprattutto dove c’è bisogno di lavoro manuale.

La maggior parte delle persone lavora sia per produrre cibo per se stesse nella produzione a livello di sussistenza, sia vendendo i loro servizi ad altri in cambio di denaro.

Quando vendiamo i nostri servizi a buon mercato, arricchiamo gli altri, coloro che possiedono fabbriche, macchine, terre. Per coloro che dipendono dalla disponibilità di manodopera a basso costo, la fame è il fondamento della loro ricchezza.

Il pensiero convenzionale è che la fame sia causata da lavori sottopagati. Ma se è vero che la fame è causata da posti di lavoro a bassa retribuzione, dobbiamo capire che la fame allo stesso tempo provoca la creazione di posti di lavoro a bassa retribuzione. Chi avrebbe avviato massicce operazioni di produzione di biocarburanti in Brasile se non avesse saputo che c’erano migliaia di persone affamate abbastanza disperate da accettare gli orribili lavori che avrebbero offerto? Chi costruirebbe qualsiasi tipo di fabbrica se non sapesse che molte persone sarebbero disponibili ad accettare lavori a basso salario?

Gran parte della letteratura sulla fame parla di come sia importante garantire che le persone siano ben nutrite in modo che possano essere più produttive. Questa è una sciocchezza. Nessuno lavora più duramente delle persone affamate. Le persone ben nutrite hanno una maggiore capacità di attività fisica produttiva, ma sono molto meno disposte a fare un certo tipo di lavoro.

L’organizzazione non governativa Free the Slaves definisce gli schiavi come persone a cui non è permesso abbandonare il proprio lavoro. Si stima che ci siano circa 27 milioni di schiavi nel mondo, compresi quelli che sono letteralmente rinchiusi nei laboratori e tenuti come schiavi nell’Asia meridionale. Tuttavia non includono le persone che potrebbero essere descritte come schiave della fame, cioè coloro che sono liberi di abbandonare il proprio lavoro ma non hanno un’alternativa migliore.

Per quelli di noi ai vertici della scala sociale, porre fine alla fame a livello globale sarebbe un disastro. Se non ci fosse fame nel mondo, chi arerebbe i campi? Chi raccoglierebbe le nostre verdure? Chi lavorerebbe negli impianti di rendering? Chi pulirebbe i nostri bagni? Non c’è da stupirsi che le persone di fascia alta non si stiano affrettando a risolvere il problema della fame. Per molti di noi la fame non è un problema ma un vantaggio.

Fonte: archive.ph/GHjVG

Print Friendly, PDF & Email