Sono stati individuati i tre porti ucraini (Odessa, Chornomorsk e Yuzhny) dai quali partiranno le esportazioni di cereali, con regole e controlli rigidi da parte di Turchia (mediatrice) e ONU (garante). È la prima intesa tra Mosca e Kiev dall’inizio della guerra. Finalmente l’occidente ha capito che per esportare i cereali ucraini non sono sufficienti né i trasporti via terra né il Danubio, con buona pace soprattutto della von der Leyen, che, nella sua limitatezza mentale, pensava di giocare la carta della Romania e del canale del Bystroye, ex affluente del Danubio.

Putin ha preteso che qualsiasi accordo doveva comprendere anche le esportazioni bloccate di grano e fertilizzanti russi. E così è stato.

Adesso qualcuno dirà che Mosca usa metodi ricattatori. Sbagliato. È l’occidente che usa metodi arroganti e cleptocratici (relativi alle assurde sanzioni economiche e finanziarie). E la Russia si difende, e lo fa anche a vantaggio degli operatori economici occidentali, che han subìto passivamente l’effetto boomerang delle sanzioni antirusse imposte dai loro scriteriati statisti. Senza poi considerare che le sanzioni stavano procurando danni gravissimi anche ai Paesi non occidentali che si sono rifiutati di condividerle. Non è certo la Russia che minaccia la sicurezza alimentare globale.

Le navi mercantili saranno ispezionate da funzionari delle Nazioni Unite, turchi, russi e ucraini per accertare che trasportino cereali e fertilizzanti e non armi. Non è prevista la scorta militare delle navi (come avrebbe voluto la UE), ma le parti s’impegnano a non attaccarle.

Nonostante l’atteggiamento guerrafondaio del nostro governo, che per fortuna è caduto, arriveranno in Italia quasi 1,2 miliardi di chili di mais per l’alimentazione animale, grano tenero per la panificazione e olio di girasole. Anche se il governo Draghi ha fatto finta di non saperlo, il nostro Paese importa il 62% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti e il 46% del mais di cui ha bisogno per l’alimentazione del bestiame. E con l’aumento incontrollato dei prezzi e la siccità in corso molte aziende agricole sono in procinto di chiudere.

L’accordo salverà dalla carestia 53 Paesi dove la popolazione spende almeno il 60% del proprio reddito per l’alimentazione. Soprattutto impedirà che ci siano insurrezioni nel bacino del Mediterraneo, ove si affacciano Paesi fortemente dipendenti dai cereali russo-ucraini, come Egitto, Libia, Tunisia e Libano. E impedirà flussi migratori imponenti verso la UE da parte di Paesi come Yemen, Sudan, Nigeria, Etiopia, Eritrea, Somalia, Madagascar, Tanzania e Congo.

Ci sono voluti 5 mesi prima che l’occidente capisse che il Mar Nero è un bacino cruciale fondamentale per l’approvvigionamento alimentare di vaste aree del pianeta. Russia e Ucraina rappresentano assieme poco più del 30% delle esportazioni di cereali, oltre il 16% di quelle di mais e oltre il 75% di quelle di olio di semi di girasole.

Fonte: quifinanza.it

Print Friendly, PDF & Email