Il +5,5% del PIL inizialmente annunciato dal governo cinese per il 2022 non sarà raggiunto di almeno un paio di punti percentuali. La causa non sta solo negli assurdi lockdown anti-pandemici, ma anche nel crollo del mercato immobiliare.
Negli ultimi due anni Pechino ha attuato una stretta del credito al settore immobiliare per calmierare i prezzi delle abitazioni e limitare le speculazioni sul mattone. Misure che hanno però portato al default numerosi costruttori cinesi, tra cui il colosso Evergrande, con un passivo di oltre 300 miliardi di dollari. Dalla primavera scorsa il titolo è sospeso alla Borsa di Hong Kong.
A fine luglio il suo amministratore delegato e il responsabile finanziario si sono dimessi dopo che un’indagine ha rilevato il loro coinvolgimento nella distrazione di fondi per quasi 2 miliardi di dollari. Inoltre entro fine luglio Evergrande doveva presentare un piano di ristrutturazione del debito, ma l’ha rimandato a fine anno.
Il definitivo fallimento di Evergrande, il più grande debitore del mondo, sarebbe pari al 14,6% del PIL italiano atteso nel 2022.
A tutt’oggi nell’intero Paese sono stati sospesi i lavori di costruzione di ben 8 milioni di abitazioni. Gli acquirenti di questi immobili sulla carta a metà luglio hanno iniziato a non pagare i mutui: prima in 22 città, ora in 90. Bloomberg ha calcolato un danno potenziale per le banche cinesi da 350 miliardi di dollari. Tanto che stanno cominciando a limitare l’accesso ai conti correnti.
Per far fronte alla crisi e per evitare sollevazioni popolari la Bank of China e le banche commerciali statali puntano a mobilitare 148 miliardi di dollari di prestiti per salvare un settore che incide per il 28% del PIL e che rappresenta quasi l’80% di tutti i risparmi cinesi.
Purtroppo i prezzi delle case sono aumentati così tanto che in alcune città il lavoratore medio deve spendere più di 40 anni del suo reddito per comprarne una. Ora ci vorranno i carri armati per difendere le banche.
Il fatto è che se si ferma la seconda economia mondiale (per alcuni analisti la prima), la recessione in arrivo nel mondo occidentale sarà catastrofica.
La Cina si trova all’inizio di una crisi di portata epocale, la più grave da quando ha creato, per la prima volta nella sua storia, un mercato interno delle proprietà private.
Che succederà al prossimo congresso del Partito comunista che si terrà in autunno? Xi Jinping dovrebbe essere riconfermato per la terza volta. Ma lo sarà? Che strada sceglieranno? Una bella guerra diversiva per nascondere il crollo dell’economia, o una massima filosofica del tipo: i soldi non garantiscono la felicità, e quando sono troppi possono addirittura portare al fallimento?


Oltre al settore immobiliare, c’è anche la Belt and Road Initiative (Nuova Via della Seta) che non funziona. Infatti si sta trasformando nella prima crisi del debito cinese all’estero. Questo perché la partecipazione di nazioni fortemente indebitate o persino in default (Sri Lanka e Zambia) ha costretto le istituzioni finanziarie cinesi a rinegoziare ben 52 miliardi di dollari di prestiti concessi a progetti BRI in questi Paesi. E la Cina è la più grande fonte di credito allo sviluppo per il resto del mondo. Più della Banca Mondiale o del Fondo Monetario Internazionale.

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