Il 14 agosto tre soldati siriani sono stati uccisi e molti altri sono rimasti feriti negli attacchi dell’aviazione israeliana nelle vicinanze di Damasco e nella provincia di Tartus, sulla costa mediterranea. Sortite bellicistiche di questo genere Israele le fa di continuo in Siria, col pretesto di bombardare delle postazioni iraniane. Questo sulla base del principio dell’attacco preventivo.

È abbastanza singolare che un Paese confinante si comporti in questa maniera nei confronti della Siria. Non vi è stata, dal 1974 ad oggi, una dichiarazione di guerra tra i due Paesi. I conflitti sono di molto precedenti: la guerra arabo-israeliana del 1948, quella del Kippur nel 1973 e, in mezzo, quella dei Sei giorni del 1967, che vide contrapposti Israele e le nazioni confinanti Egitto, Siria e Giordania. Peraltro proprio in questa guerra Israele occupò le alture siriane del Golan e non le restituì più. Da allora la Siria ha sempre detto che se quelle alture le venissero restituite, sarebbe disposta a riconoscere a Israele il “diritto all’esistenza”.

Ancora più singolare è che nessun Paese europeo condanni Israele per questi atteggiamenti privi di qualunque giustificazione: dalla Siria non arrivano razzi o missili contro gli israeliani.

A dir il vero il suddetto raid una motivazione ce l’ha: Tartus ospita l’unica basa navale russa nel Mediterraneo. Il bersaglio era una postazione radar dove sono presenti milizie iraniane. La città era già stata colpita da missili israeliani lo scorso novembre. È quindi evidente che Israele ha compiuto una cosa provocatoria su richiesta degli americani.

Israele è un Paese nato nel 1947 per volere dell’ONU: la risoluzione n. 181 ebbe 33 voti a favore contro 13 e con 10 astensioni. Da allora non c’è mai stato un momento in cui Israele non abbia costituito un serio problema per il Medio Oriente.

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