Josep Borrell ha dichiarato che la UE considera l’export del grano russo e fertilizzanti né più né meno che uno “strumento geopolitico” usato dalla Russia per ricattare l’occidente, imponendogli il ritiro di talune sanzioni. E la UE non può sottostare a questi ricatti.
Ma proprio lui aveva detto che le sanzioni unilaterali anti-russe non sono dirette contro la fornitura dei prodotti alimentari e dei fertilizzanti russi ai Paesi poveri.
Cioè da un lato, quando si rivolge al Terzo mondo, vuol far vedere d’essere comprensivo; dall’altro però, quando si rivolge alla Russia, vuole sostenere una posizione intollerante. E dà per scontato che gli statisti del Terzo mondo non capiscano che la fame dei loro Paesi non dipende dalla Russia.
Come si può sostenere una cosa e nello stesso momento il suo contrario?
Si ha la netta impressione che gli ostacoli che rendono difficile al grano russo raggiungere i mercati mondiali, e soprattutto quelli dei Paesi più bisognosi, non sia tanto un “effetto collaterale” delle sanzioni, ma proprio uno dei loro obiettivi. Cioè si vuole danneggiare la Russia anche a costo di affamare i Paesi più poveri e di coinvolgerli in una crociata antirussa.
Per sostenere una posizione del genere si deve avere una grande considerazione di se stessi e dell’efficacia dei propri strumenti comunicativi, in virtù dei quali si pensa di nascondere il proprio cinismo superlativo dietro il paravento del diritto.
Non lo sa Borrell che quando gli impianti elettrici superano la soglia consentita, vanno in corto circuito e il contatore salta?

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