Che cos’è la Russia?
Dal punto di vista della geografia la Russia è una potenza euro-asiatica. Ma dal punto di vista della storia è sempre stata rivolta a occidente, salvo il periodo tataro-mongolo, durato dal 1237 al 1480. Che ne è stato di quell’imponente impero di Gengis Khan e successori? Culturalmente si è ridotto a un nulla, completamente assorbito da russi e cinesi.
È rimasta la Mongolia, un comodo cuscinetto tra Russia e Cina, che ha evitato nel passato scontri armati tra i due Paesi. Siccome però è ricchissima di terre rare, la Mongolia è destinata a rientrare nella storia i prossimi decenni.
Viceversa la Russia, combattendo i mongoli e risparmiando a noi euroccidentali una devastazione analoga a quella subita da lei, ha posto le basi, con Ivan il terribile, per un futuro glorioso, che a quanto pare non accenna a diminuire.
Fu probabilmente per colpa dei Mongoli che la Russia zarista non si imborghesì velocemente come l’Europa occidentale. In parte anche per colpa dell’ortodossia, lontanissima dal protestantesimo, la religione ideale per il moderno capitalismo.
Certo, considerando gli orrori compiuti dagli europei col colonialismo e l’imperialismo, non pochi russi slavofili ritengono che il periodo mongolo fu in realtà una fortuna, che li preservò da influenze esterne. Può darsi, ma sempre feudalesimo era. I mongoli non portarono nessuna novità in Russia.
Gli zar si sono sempre sentiti attratti dalla cultura occidentale, anche se ne temevano lo sfrenato individualismo borghese. A fine 800 la Russia era già in mano alle potenze europee, anche se i populisti s’illudevano che con le loro tradizioni agrario-collettivistiche avrebbero potuto evitare i condizionamenti del liberalismo.
La Russia sovietica fu il tentativo di associare il meglio della cultura occidentale, quella relativa al socialismo, col meglio delle tradizioni collettivistiche del Paese: il tutto all’interno di un grande processo di industrializzazione.
L’esperimento fallì per i risvolti autoritari dello stalinismo, ma la Russia post-sovietica ha dimostrato che quando questo Paese propende troppo verso ovest, ad un certo punto ha un ripensamento e torna indietro: l’istanza collettivistica, tipica della sua area asiatica, prende il sopravvento. E noi occidentali non riusciamo più a capirlo in questa oscillazione. Non possiamo farlo perché da noi il collettivismo non esiste più da un pezzo. E siccome siamo ingordi di materie prime e di benessere a oltranza, le guerre contro questo gigante diventano inevitabili.
In un certo senso potremmo dire che la Russia post-sovietica è un Paese europeo in Asia, ma diventa subito un Paese asiatico quando noi occidentali pretendiamo di colonizzarla. Dopodiché al nostro mainstream, quando vediamo che non si lascia colonizzare, piace definirla, in senso spregiativo, come “Paese asiatico”, cioè autarchico, autocratico, antidemocratico ecc.: un Paese di cui aver paura e possibilmente da combattere.
Ci fa paura la sua ancora vastissima dimensione spaziale, nonostante le amputazioni subite nell’area europea (Stati Baltici, Ucraina, Bielorussia) e nell’area del Caucaso (Georgia, Armenia, Azerbaijan). Ma ritenere che questa realtà geopolitica voglia fare l’imperialista in Europa è ridicolo. Il suo territorio è già sconfinato e disabitato e sottoutilizzato per suo conto. Chi deve scomparire dalla faccia della terra è il globalismo occidentale, che non rispetta niente e nessuno.
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