Prossimo obiettivo: la Polonia
Le autorità polacche sono entrate nella scuola russa che si trova nel recinto dell’ambasciata russa a Varsavia, col pretesto che l’edificio non era coperto da immunità e non aveva lo status diplomatico. Hanno abbattuto con forza la porta della scuola, intimando al personale docente di lasciare il Paese entro 48 ore. Gli inservienti polacchi hanno bloccato il cancello con una catena in modo da non consentire di portare via il mobilio.
Il sindaco di Varsavia ha chiesto anche un risarcimento di oltre 31 milioni di zloty all’ambasciata per occupazione abusiva dell’edificio.
La confisca dell’edificio fa parte della più ampia campagna di sequestro delle proprietà russe presenti in Polonia iniziata il 1° marzo.
L’attacco alla scuola si configura come una piena violazione degli accordi di Vienna del 1961 sul principio di territorialità e, dal punto di vista giuridico, risulta essere un attacco militare polacco contro la Russia.
Ciò, in linea teorica, giustificherebbe, ai sensi del capitolo V della carta dell’ONU, un intervento militare in territorio polacco. È un fatto molto grave, che può legittimarne altri, più o meno simili.
Di fronte a cose del genere la linea moderata e attendista del governo russo si giustifica sempre meno. Non basta affermare che la scuola dell’ambasciata russa riprenderà i lavori il 10 maggio in un altro edificio. Dmitry Medvedev ha già proposto d’interrompere le relazioni diplomatiche con la Polonia.